I social media sono diventati un nuovo fronte nella guerra moderna
Come sempre, vogliamo darvi gli strumenti per capire il mondo che ci circonda, anche nei momenti più difficili
Quello che sta succedendo in Palestina è qualcosa di spaventoso, come raramente abbiamo visto. L’intento di questo articolo non è quello di fare politica o schierarsi da una parte (per quanto siamo dalla parte dei diritti umani, sempre), ma l’idea è quella di analizzare la situazione dal punto di vista comunicativo, perché ci troviamo di fronte a qualcosa di mai visto prima, qualcosa di più forte del conflitto in Ucraina, che in un certo senso è stato il preludio di quello che stiamo vivendo. Non pensiate che sia un discorso superficiale, non lo è: la guerra moderna, che ci piaccia o no, si combatte anche sul fronte dei social media e della comunicazione.

Come i social media sono diventati un nuovo fronte nella guerra moderna
Cosa sta succedendo? Non potete non esservi accorti della valanga che ha investito i Social, che sono diventati un altro fronte caldo: amplificano la vile retorica della guerra deumanizzando le persone e diffondendo disinformazione. Come? Tutti possono parlare sui social, tutti possono dire e riportare tutto, anche esprimere posizioni violente. I controlli di Meta e X non funzionano, o sono fortemente compromessi. E questo porta al secondo punto, la disinformazione. Assume così tanti volti diversi che diventa complicato starle dietro, e così raggiunge il suo scopo. Le verifiche sulle fonti sono impossibili da fare, Meta e X censurano profili per motivi non ben chiari (inutile dirlo, su Meta la censura colpisce così a caso che molti profili sono costretti a trovare escamotage per pubblicare le ultime notizie, utilizzando termini come “Is4ae7e”, per evitare blocchi o shadowban. Non era mai successo prima con questa intensità.), foto e video falsificati sono all’ordine del giorno e vengono addirittura utilizzati dalle parti in causa (ne abbiamo parlato qui). Così diventa molto difficile farsi un’idea precisa di cosa sta succedendo, e si cade vittime di errori di giudizio. Una cosa da niente, penserete, rispetto alle vere vittime di guerra. E invece no.
No perché l’odio sparso online infiamma l’odio offline e le vittime sono sempre persone innocenti.
Son sempre loro, i soldi!
Tutto questo per cosa? Per i soldi, sempre loro, i maledetti soldi. In questi tempi di crisi odio e bugie si spargono come incendi, e non è una coincidenza. I contenuti che provocano emozioni forti sono spinti dagli algoritmi, e diventano materiale eccezionale per l’engagement. La polarizzazione è causa e conseguenza di questo sistema, che premia le posizioni diametralmente opposte, incita allo scontro, in un gioco al rialzo senza fine. Questo viene peggiorato dalla circolazione di notizie non confermate, report decontestualizzati, fotografie e video falsi, fatti apposta per gettare benzina sul fuoco. Poco o nulla viene fatto per arginare questa deriva, lasciando la responsabilità di distinguere il vero dal falso alle alle persone. Chi ci guadagna?
I social network ci guadagnano, con utenti super attivi e incollati agli schermi per ore, pronti a difendere la propria posizione di fronte a tutti. Inutile dirlo, non sono questi i social che ci piacciono.

Più consumiamo e partecipiamo a questi contenuti, più le piattaforme ce li propongono
È un circolo vizioso senza fine, che era iniziato con la guerra in Ucraina ma che con la guerra in Palestina ha raggiunto vette che non si possono più ignorare. In questo modo i Social network stanno capitalizzando sugli aspetti più negativi della natura umana e diventano a tutti gli effetti forieri di rabbia, propaganda e odio. Non è per questo che sono nati, e non è questo quello che vogliamo da loro. Le piattaforme devono intervenire subito per interrompere l’antisemitismo, l’odio contro i Musulmani e tutte le forme di deumanizzazione. Devono farlo subito, devono mettere la sicurezza delle persone davanti al profitto.
Cosa possiamo fare?
Lo sappiamo, è difficile scegliere le fonti di informazione già in tempo di pace, in situazioni come queste è un’impresa ardua. Prima di tutto, perché sul campo non ci sono osservatori internazionali indipendenti (chiedetevi il perché) e questo rende tutto complicato. Poi perché appunto, la polarizzazione è forte anche nei mezzi di comunicazione, nelle testate giornalistiche, che spesso preferiscono pubblicare la notizia per primi e non fare le dovute verifiche. Bisogna prestare attenzione e partire dal presupposto che tutto va verificato, che le nazioni in guerra usano la propaganda per i loro fini e caderne vittime è semplicissimo.
Seguite giornalisti e fotografi del luogo, quelli che mostrano le cose come sono senza troppi filtri e a rischio della propria vita, prendendo sempre tutto con la massima attenzione. Non abbiate paura a staccare gli occhi dallo schermo, quando tutto si fa troppo e pensate prima di commentare qualsiasi cosa, non diventate carnefici di qualcun altro. Speriamo che tutto questo possa finire al più presto e che le grandi società decidano finalmente di assumersi la responsabilità delle proprie azioni, rendendosi conto di come i Social network sono diventati un nuovo fronte nella guerra moderna.

Midjourney
Le immagini che abbiamo utilizzato sono state create da Midjourney