Baby Reindeer di Netflix e il problema dei social
Gli spettatori sono ossessionati dalla storia vera
“Tutti i personaggi di quest’opera sono fittizi”, è il disclaimer aggiunto alla fine della maggior parte dei film più importanti. “Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è una coincidenza.”
Questa clausola di esclusione di responsabilità divenne popolare negli anni ’30 dopo che la principessa Irina Alexandrovna di Russia fece causa alla Metro-Goldwyn-Mayer per il film Rasputin e l’Imperatrice. La principessa credeva che il personaggio “Principessa Natasha” la rappresentasse e una giuria ha poi concordato e ritenuto che fosse stata diffamata: da quel momento in poi, gli studi hanno iniziato ad applicare il disclaimer su tutto.
La principessa Irina era identificabile perché era, per l’appunto, una principessa, il tipo di persona di cui si parlava e di cui si scriveva fin dalla nascita. La gente non ha capito che fosse la “principessa Natasha” perché, ad esempio, hanno cercato tra gli amici di Rasputin su Facebook qualcuno che somigliasse al personaggio o hanno controllato se avesse mai twittato una delle battute del film allo zar. Se fosse stata una persona normale nel 1932 è probabile che il pubblico non avrebbe avuto modo di scoprire la sua identità.

Lo stesso non si può dire oggi. Prova a stuzzicare le persone con le parole “basato su eventi realmente accaduti” e stai sicuro che troveranno, perseguiteranno e molesteranno i soggetti di una storia in pochi minuti.
Grazie a Internet, la posta in gioco è cambiata: quasi chiunque venga rappresentato nei media moderni è facilmente individuabile con pochi clic.
Cosa dovresti fare, allora, se sei un artista che vuole creare arte basata sulla tua vita reale? Dovresti fidarti che il pubblico si comporti bene; aggiungendo un nuovo disclaimer? O dovresti limitare la tua creatività? Hai dei doveri nei confronti delle persone di cui scrivi? Anche di quelli che hanno abusato di te?
Ai primi di maggio, milioni di telespettatori hanno guardato Baby Reindeer, un thriller autobiografico scritto e interpretato dal comico Richard Gadd. La serie di sette episodi è basata sulle esperienze di Gadd con una stalker nella vita reale, raffigurata come un personaggio chiamato “Martha” nello show.
IN BREVE
- Baby Reindeer è la ricostruzione sullo schermo di un one-man show del comico scozzese Richard Gadd, protagonista anche della serie Netflix, e racconta la storia di come è stato perseguitato e aggredito sessualmente più di dieci anni fa.
- Ha riscosso un successo inaspettato (ottenendo un punteggio di critica del 97% su Rotten Tomatoes) ed è stato elogiato per la sua “onestà emotiva e profonda intuizione” pur essendo “scioccante, esilarante, doloroso e devastante”.
- Alcuni fan sono rimasti così affascinati che hanno lanciato una caccia online alla vera identità della stalker di Gadd e degli altri molestatori nello show, facendo speculazioni sui social media che hanno portato ad accuse infondate contro diverse persone.
Gli investigatori di Internet hanno iniziato a sostenere che cercare Martha era una questione di pubblica sicurezza e persino di “giustizia”. Questa però non era l’intenzione di Gadd che su Instagram ha scritto in una storia: “Per favore, non speculate su chi potrebbero essere le persone nella vita reale. Non è questo lo scopo del nostro spettacolo.” Tuttavia, nonostante le affermazioni di quest’ultimo secondo cui sono stati fatti “grandi sforzi” per “mascherare” la vera identità di Martha, la sua controparte nella vita reale sembra essere stata trovata.
Una donna ora afferma di temere per la sua vita dopo che alcuni l’hanno identificata come Martha: ha twittato anni fa una battuta a Gadd simile a quella pronunciata più volte nella serie TV è scozzese e afferma di essere un avvocato…il pubblico crede anche che lo stile di scrittura della donna su FB sia simile a quello di Martha e sappiamo che Gadd ha utilizzato le vere e-mail della sua stalker in Baby Reindeer.

Il pubblico ha anche cercato di scoprire l’identità dello stupratore raffigurato nella serie – e alcuni hanno persino cercato tra i follower di Gadd su Instagram per trovare una donna trans con cui usciva, chiamata “Teri” nello show. Se Gadd lo avesse previsto, avrebbe cambiato la sua sceneggiatura? Ma se avesse cambiato la sceneggiatura, Baby Reindeer avrebbe avuto una risonanza così forte tra le vittime di abusi?
Sarebbe bello se potessimo educare il pubblico a evitare questo comportamento – se potessimo garantire che nessuno si metta ad investigare con il giusto disclaimer aggiornato (Tutti i personaggi in questo lavoro hanno profili social ma se scrivi loro un messaggio verrai denunciato). Ma la verità è che non puoi controllare tutti su Internet, non puoi nemmeno controllare la parte di te che magari incuriosita va a cercare il profilo su FB di “Martha”. Dobbiamo accettare che questo è un comportamento umano, anche se accelerato dalla tecnologia. Allora cosa dovrebbe fare un artista ?
La risposta è più semplice se l’artista è, ad esempio, Taylor Swift. Nello stesso periodo in cui Baby Reindeer stava esplodendo in popolarità, la cantautrice ha pubblicato il suo ultimo album, The Tortured Poets Department. I fan di Swift hanno capito rapidamente quali testi si riferissero a quale degli ex di Swift e ne sono seguiti messaggi invadenti e offensivi nei loro confronti (uno dei suoi ex, l’attore Joe Alwyn, ha disattivato i suoi commenti su Instagram).
Gli “Swifties” hanno una storia di molestie nei confronti degli ex fidanzati della popstar: nel 2023, la cantante avvertì i fan di non fare cyberbullismo nei confronti del suo ex John Mayer; eppure questa volta non ha lanciato un avvertimento simile. A differenza di Gadd, Swift non può essere ingenua riguardo all’impatto delle sue parole – mentre si riserva il diritto di creare opere d’arte sulle persone che la feriscono, dovrebbe essere molto più esplicita sul fatto che queste persone non meritano di essere ferite a loro volta.
Tuttavia, abbiamo già visto che chiedere non è sufficiente: Internet farà quello che vuole. Quindi, se un artista vuole realizzare opere d’arte autobiografiche nel modo più etico possibile, senza danneggiare le persone che le hanno ispirate, può riuscirci nell’era di Internet? La risposta è probabilmente “no”, o almeno “no, a meno che tu non comprometta la tua arte”. In alcuni casi, questo compromesso è più facile – ad esempio, se Gadd avesse cambiato il testo della battuta che “Martha” ha twittato, o se la Swift avesse deciso di non fare riferimento a una delle band preferite del suo ex in una canzone.

Ma oltre a questo…chi può dirlo? Chi dovrebbe dirlo? Dovrebbe esserci uno Statuto sugli Adattamenti, una sospensione obbligatoria di 30 anni sulla pubblicazione di storie vere? Come se fossero documenti governativi sensibili, visibili al pubblico solo quando è trascorso abbastanza tempo o quando un numero sufficiente di profili social sono diventati inattivi?
Baby Reindeer non si è concluso con il disclaimer: “Tutti i personaggi di quest’opera sono fittizi” e anzi il problema potrebbe risiedere nel punto all’inizio dello spettacolo, con le parole: “Questa è una storia vera”. Forse la soluzione è davvero semplice. Forse il pubblico non dovrebbe essere informato quando qualcosa è vero: abbiamo dimostrato di non poterci fidare.
Edit: la “vera”Martha ha rilasciato un’intervista in questi giorni. Pare che la faccenda sia lontana dall’essere esaurita.

Baby Reindeer
Le immagini si riferiscono alla serie.