La campagna elettorale e i social
Come si stanno muovendo i vari partiti nel mondo digitale dei social network?
Questa è stata certamente un’estate infuocata, e non solo per le temperature record che ci hanno fatto soffocare, ma anche per la campagna elettorale più calda di sempre, in vista delle elezioni politiche di settembre. Vediamo di fare un’analisi dell’uso dei social network da parte dei nostri partiti.
Il 21 luglio 2022 accade qualcosa che, a detta di molti, era impossibile: cade il governo Draghi. Per la prima volta, nella storia della Repubblica Italiana, le elezioni politiche vengono fissate a settembre, aprendo così la strada alla campagna elettorale estiva. Campagna che si svolge senza esclusione di colpi, in un momento della storia internazionale fra i più drammatici e delicati che si ricordino: la guerra in Ucraina, la crisi energetica, la crisi climatica, l’inflazione che corre, la pandemia che ancora ha degli strascichi sulla popolazione.
In tutto questo, i diversi partiti politici hanno messo in campo una campagna elettorale che, mai come prima, ha utilizzato le piattaforme dei social network come terreno di scontro e di diffusione di programmi e idee. Non tutti con le stesse modalità, alcuni più efficaci di altri, ma tutti concordi nel non lasciare i mezzi tecnologici in disparte: del resto nella società attuale i social ricoprono un ruolo centrale, come abbiamo visto qui.
Vediamo un po’ cosa hanno combinato?

Una comunicazione che prova ad adattarsi
Da una rapida ricognizione delle principali forze politiche candidate alle prossime elezioni, tutte, ma proprio tutte, sono presenti su Facebook (con loro, tutti i loro segretari di partito); tutte sono presenti su Instagram e su Twitter, quasi tutte su Telegram e, la novità dell’anno, iniziano a sbarcare anche su Tik Tok: ci sembra palese che nessuno voglia farsi sfuggire l’opportunità di farsi conoscere e comunicare il proprio messaggio in ogni luogo possibile. Come oramai sappiamo, è proprio sui social che le persone passano molto del loro tempo libero, e dove spesso cercano informazioni: non stupisce quindi che l’utilizzo di queste piattaforme si sia oramai da tempo affiancato ai media più tradizionali, come televisione e carta stampata, per le campagne elettorali.
Come sono gestite queste campagne?
Duole dirlo, ma in maniera un po’ scriteriata. Per prima cosa, ogni social ha un pubblico di riferimento ben preciso, assolutamente non sovrapponibile a quello di un altro social (il pubblico di Facebook non è quello di Tik Tok, e nemmeno ci si avvicina), e non fisso nel tempo: l’utente medio di Facebook di qualche anno fa non è più l’utente medio di adesso. Questo è proprio l’abc del mestiere di social media manager, conoscere il pubblico per adattarvi la comunicazione, e sembra essere del tutto ignorato dalla maggior parte dei partiti: si assiste infatti al fenomeno del cross posting, dove ogni messaggio (che sia video, testo, immagine, qualsiasi cosa), viene ripostato identico su ogni piattaforma. Se la coerenza dei messaggi e del comparto grafico è un aspetto fondamentale della gestione di diversi social, lo è però anche adattare il messaggio, che non può essere identico in ogni luogo, pena la non efficacia dello stesso.
Vogliamo poi parlare del tipo di contenuto?
Generalmente si tratta di immagini più testo, come un classico flyer, coi colori del partito di appartenenza; qualche carosello, solitamente di solo testo e con una grafica quantomeno discutibile; qualche reel, perlopiù estratti da interviste televisive o comizi elettorali. Alcuni si spingono più in là, e pubblicano stories e video in cui parlano direttamente al loro pubblico: al di là dei contenuti, questa è certamente una strategia vincente, perché parla direttamente al pubblico e lo fa sentire importante e coinvolto, al centro dell’attenzione, e non è cosa di poco conto.
Per quanto riguarda Twitter e Tik Tok le cose sono leggermente diverse, per le modalità stesse di fruizione dei due social. Sul primo spesso si vedono i segretari di partito (e i vari candidati) in un botta e risposta coi loro avversari, non sempre con esiti felici: l’impressione è quella di una rumorosa lite di condominio, e non quella di personalità che hanno fra le mani il futuro del Paese. Su Tik Tok le cose vanno anche peggio: quando non si tratta di semplice repost di video tratti da conferenze, interviste, assistiamo a video messaggi pieni di retorica vecchia e stantia, in cui si insultano sommessamente creator e influencer, su una piattaforma che è composta praticamente solo da creator e influencer (scioccheremo i più, ma su Tik Tok non ci sono solo ragazzine che fanno ballettini futili, ma anche creator che fanno cultura, arte, divulgazione scientifica). A nostro parere, non la strategia ideale per coinvolgere il pubblico più giovane nella vita politica del Paese, e un grandissimo spreco di risorse e di opportunità.
Ecco, l’impressione che ne ricaviamo è che si cerchi di fare comunicazione digitale con i vecchi sistemi e con una vecchia forma mentis, adatta ad altri tipi di media: funziona sulla carta stampata, ma i social network sono altra cosa. Qualcuno forse riesce a curare un po’ di più l’aspetto grafico e il tone of voice, ma non è abbastanza, sembra di essere sommersi dagli stessi volantini in metropolitana, sui cartelloni pubblicitari, su Instagram, su Facebook, tutti identici, creando una ridondanza che è quanto meno fastidiosa.

Vogliamo poi parlare degli errori più gravi?
Anche qui, non entriamo nel merito dei contenuti e dei diversi schieramenti, perché gli errori in questa campagna elettorale sui social sono assolutamente trasversali: pubblicare il video di uno stupro è becero al di là di ogni finalità, non si fa, mai e poi mai, non esistono giustificazioni di sorta, e questa è probabilmente la cosa peggiore successa al momento. Altro errore decisamente grave, ma dall’impatto etico ben differente, quello di un noto politico che pubblica il proprio numero di telefono: non pensiamo sia necessario spiegare perché non si debba fare (e perché non si debba pubblicare il contenuto delle conversazioni avvenute coi propri elettori: siamo felici di sapere che il suo piatto preferito siano i paccheri con la ricotta, ma pensiamo non sia proprio utile al futuro del Paese).
Alcune scelte sono così azzardate da essere diventate dei meme: lo scontro di due politici come un incontro di box, una scelta grafica poco felice ripresa e scimmiottata da tutti. Va bene tutto purché se ne parli? Non siamo sicuri che sia la strategia adeguata a questo specifico contesto, in un panorama di forte sfiducia della popolazione e un rischio astensionismo altissimo: è probabile che così si aumenti invece lo scetticismo, perché si dà un ritratto poco edificante della classe politica. E anche qui, non è colpa dei contenuti specifici dei diversi programmi, ma di come vengono veicolati, di strategie miopi e vecchie, che non si sono adeguate ai nuovi mezzi di comunicazione ma che si sono semplicemente replicate, uguali a sé stesse.
La speranza?
Che in futuro ci sia un approccio più serio e competente alla comunicazione digitale, perché è un’opportunità unica di arrivare dritti al cuore delle persone: se non tutti possono vedere un cartellone pubblicitario e pochi leggono i quotidiani, oramai tutti hanno uno smartphone in tasca, e sono raggiungibili per via direttissima. Scusate se è poco.
Nel momento in cui stiamo scrivendo manca ancora qualche settimana alla tornata elettorale, e siamo pronti a scommettere che ancora tante cose dovranno accadere! E siamo davvero curiosi di scoprirle.
E anche un po’ impauriti.


Roy Rachamim
Quando Danii Pollehn iniziò a pensare di intraprendere un percorso di carriera creativa, l’illustrazione non era la prima cosa che aveva in mente. Eppure nel corso del tempo, dopo aver lavorato nel mondo del fashion, le sue illustrazioni sono quasi esclusivamente in digitale. Il suo occhio per la moda è ancora chiaro nelle sue immagini, piene di colori vivaci e abiti stravaganti.