L’inclusività e l’accessibilità nella scrittura sui social network
Non è solo questione di schwa
L’inclusività non è una moda, è una necessità
Vediamo come rendere i nostri contenuti sui social più inclusivi (e accessibili).
Siamo sicuri che abbiate sentito parlare spesso di inclusività, e che magari non tutti abbiano ancora chiaro perché è importante e cosa si possa fare per ottenerla. Partiamo dal dire che al concetto di inclusività (una comunità che accetta di includere, di inserire al proprio interno, un’altra) preferiamo il concetto di convivenza delle differenze (come proposto da Fabrizio Acanfora in In altre parole, effequ, 2020): due comunità che convivono nel pieno rispetto delle differenze altrui. Ma tant’è, al mondo al momento il termine inclusività piace tanto, e noi ci adegueremo.
Perché è importante l’inclusività? E cos’è l’accessibilità? Nessuna persona deve essere lasciata indietro, ogni soggetto ha diritto ad accedere a contenuti culturali, d’intrattenimento, informativi (e potremmo anche dire abbigliamento, sanità, diritti, ma andremmo fuori tema). Avete mai pensato, quando preparate un contenuto per i vostri social, o quando leggete del contenuto sui social, che quel contenuto potrebbe non essere fruibile da chiunque? Oppure che quel contenuto, che negli intenti vorrebbe essere rivolto a tutto il pubblico, lascia invece indietro qualche persona? Ecco, queste sono accessibilità e inclusività, temi che non possiamo più permetterci di ignorare.
Dopo aver visto cosa pubblicare sui social network, adesso vediamo come farlo.

Non è solo questione di schwa
Ne avrete sentito parlare, il dibattito pubblico si è spesso infiammato sullo schwa. Ma che cosa è? Un simbolo dell’alfabeto fonetico internazionale (quello, detto in parole povere, che serve per capire come si pronunciano le parole), che indica una vocale che sta al centro quadrilatero vocalico, che si pronuncia con la bocca morbida, e che ha un suono a metà fra la a e la e, e si scrive come una e rovesciata, così ə. Può essere un semplice suono tanto divisivo?
Sì, se se ne fraintendono le origini e gli intenti (e non sempre in buona fede). Quella dello schwa non è una battaglia per cambiare la lingua italiana, ma è un sassolino nella scarpa che ci obbliga a fermarsi e a riflettere, ed è sempre stato così negli intenti di una delle sue più forti sostenitrici, Vera Gheno (per un approfondimento). A cosa serve questo suono? A permettere di utilizzare il genere neutro, che nella lingua italiana non esiste (ma esisteva nel latino, da cui la lingua italiana nasce…che peccato quindi, lo avevamo già).
In italiano i vocaboli possono essere solo maschili o femminili, non esistono vie alternative, e questo tipo di dualismo comincia a mostrare i suoi limiti. Ci possono essere infatti diversi casi in cui sarebbe preferibile una forma neutra: quando ci troviamo di fronte a una platea mista, e non vogliamo usare il maschile sovra esteso; quando parliamo con e di persone che non si riconoscono nel genere maschile o femminile; quando non conosciamo il genere delle persone a cui ci stiamo riferendo (come, ad esempio, sugli annunci di lavoro, che devono essere per legge rivolti a tutti i sessi).
In questi casi lo schwa può essere una soluzione perché, oltre a essere un simbolo scritto, è anche pronunciabile. È l’unica soluzione possibile? È necessario cambiare la grammatica italiana? No e no, esistono altre possibili soluzioni (l’asterisco o la lettera u, per nominarne solo due), ma è un modo per riflettere sui limiti di una lingua che, come i suoi parlanti, evolve comunque a seconda dei bisogni e delle necessità.
Vi stiamo quindi dicendo che dovete usare lo schwa nei vostri testi online? Assolutamente no! Posto che, se volete utilizzarlo, saremo i vostri primi sostenitori, questo simbolo crea qualche problema di accessibilità (le tastiere si sono adeguate, e adesso sia Android che IOS lo includono, ma i lettori digitali per ciechi e ipovedenti non sempre lo riconoscono), e va utilizzato con cognizione di causa (per esempio, lo sconsigliamo a chi si occupa di comunicazione istituzionale, proprio per i suoi limiti di accessibilità). Vorremmo solo che rifletteste sull’importanza dell’inclusività in ogni discorso, per trovare soluzioni alternative (in questo testo abbiamo accuratamente evitato l’uso del maschile sovra esteso senza dover ricorrere a simboli particolari, fateci caso). Non è semplice, richiede uno sforzo in più, ma anche solo ragionarci sopra è un passo avanti, verso un mondo e una comunità migliore.

L’accessibilità nella scrittura sui social network
Veniamo al secondo punto: l’accessibilità; non esiste inclusività senza accessibilità. Dobbiamo pensare al fatto che ci sono persone con difficoltà di lettura, cieche, ipovedenti, etc., per le quali il nostro testo potrebbe essere un vero e proprio scoglio. Possiamo pensare di lasciarle fuori dalla nostra platea? Ecco, a questo serve l’accessibilità di un testo, e vale sia per l’online che per l’offline. Vediamo come.
- Garantire l’accessibilità testuale: inserire una caption che descriva le immagini aiuta chi ha difficoltà di vista, in quanto i lettori digitali potranno leggerne la descrizione.
- Sotto titolare i video e rendere disponibile la trascrizione degli stessi (per gli stessi motivi di cui sopra).
- Leggibilità del testo: tenere in considerazione il contrasto fra colore dello sfondo e colore del testo (il bianco sporco è una soluzione ottimale).
- Utilizzare caratteri leggibili, sans serif (come Arial o Helvetica). Le grazie affaticano la lettura e la rendono difficoltosa.
- Preferire il testo a bandiera, più leggibile, e utilizzare un’interlinea più ampia.
- Non utilizzare il corsivo, ma preferire il grassetto.
- Utilizzare frasi brevi, con una sintassi semplice.
- Inserire, dove possibile, elenchi puntati e numerati, che aiutano la leggibilità.
- Mettere i concetti importanti all’inizio.
- Preferire i verbi all’attivo.
- Spiegare sigle e termini specialistici.
- Scegliere immagini diverse: includere nei propri testi immagini di persone disabili e provenienti da diverse parti del mondo. La rappresentazione è importante! Siete in difficoltà? Esistono dei siti specializzati come photoability.net e nappy.co, dateci un occhio.
Molte di queste regole già fanno parte del kit della scrittura per il web, si tratta solo di aggiungerne qualcuna al nostro arsenale.
L’inclusività e l’accessibilità nella scrittura sui social network sono questioni importanti, che non possiamo più permetterci di ignorare. Si potranno commettere errori, i cambiamenti del resto non sono mai semplici e indolori, ma è una strada questa che non si può evitare: non ci devono più essere persone che non riescono ad accedere ai contenuti o che se ne sentano escluse, è un fatto di civiltà, pura e semplice. Non è solo questione di schwa, l’intento non è di inserire un simbolo forzosamente nella grammatica italiana: l’obiettivo è allargare lo sguardo, riflettere e cercare soluzioni condivise, ascoltare quella parte di popolazione direttamente coinvolta e le sue istanze, affinché l’inclusività diventi davvero una convivenza delle differenze.


Paul Davey
Le immagini che abbiamo utilizzato sono state create da Paul Davey.