Come creare una brand strategy per un mondo sempre in cambiamento
Ecco come adattarsi
I consumatori e la società sono in costante cambiamento, quindi le regole che stiamo per dare non saranno valide per sempre, ma ti spiegheremo come costruire su queste basi un’ottima strategia di sviluppo del brand. Vedrai rapidamente che non sono preziose solo per i brand, ma possono (e dovrebbero) esserle per il prodotto, l’UX, le vendite, il marketing, le PR, le risorse umane e quasi ogni altra attività aziendale.

La vera conversione avviene emotivamente, non logicamente
Le persone che hanno danni ai centri emotivi del cervello sono normali in ogni singolo ambito della loro vita con una notevole eccezione: non riescono a prendere buone decisioni e talvolta non riescono a prenderle affatto.
Il processo decisionale è guidato dalle emozioni e la logica è ciò che usiamo dopo per giustificare le nostre azioni. La valutazione del rischio, l’elaborazione emotiva, la memoria, l’auto percezione e la cognizione sociale sono tutti legati insieme nel nostro cervello e fanno tutti parte di un processo decisionale molto complesso ed emotivo.
Ciò significa che il B2B è emozionante quanto il B2C.
Significa che sotto ogni caratteristica che un utente ti dice che è importante per lui si trova un’emozione che lui stesso forse non capisce.
Significa anche che il brand basato sulle funzionalità perderà sempre.
Devi scoprire i fattori emotivi scatenanti che trasmetteranno veramente il tuo valore all’utente. Le emozioni, non le caratteristiche (o vantaggi o misure per essere “migliori” rispetto al tuo concorrente) dovrebbero essere la base del tuo marchio. Quando le persone si convertono dal cuore e non dalla testa, sono più disposte a pagare per prodotti premium, più disposte a parlare bene di te e più propense a rimanere fedeli nonostante UX e/o problemi di prodotto, ritardi e altro. Perché dovresti rinunciare a così tanto ignorando le emozioni?
Ogni categoria ha una cultura
La psicologa Michele Gelfand ha scoperto che le culture rientrano in uno spettro tra rigido e morbido. Settori come la finanza e lo sport sono governate da norme rigide, mentre rilassate come quella genitoriale o alimentare possono avere una sovrabbondanza di informazioni ma poche regole salde su cui tutti possono essere d’accordo.
Le categorie culturali morbide sembrano caotiche. Qual è la dieta giusta per me? Sto crescendo bene mio figlio?
Esplorare questa teoria offre un quadro utile per i brand valutando la rigidità o la rilassatezza della propria cultura. Se c’è un senso di assenza di norme, allora è probabile che il pubblico stia cercando una prospettiva specifica: se c’è una cultura libera, c’è l’opportunità di stabilire delle regole di impegno.

L’amore è fantastico. L’odio è utile. L’indifferenza uccide
La maggior parte dei marchi ha il problema dell’indifferenza dell’utente. Le persone potrebbero pensare che tu abbia un brand abbastanza carino, ma questo non li obbliga a seguirti. Non lasciarti impantanare nel tentativo di spostare delicatamente le persone indifferenti lungo l’imbuto.
Il tuo obiettivo dovrebbe essere quello di creare così tanta tensione che il tuo brand attiri davvero chi potrebbe amarti, per non lasciare spazio all’indifferenza; inseguire utenti indifferenti non aiuterà la tua azienda. Idealmente dovresti appoggiarti al lato amore dell’equazione, ma puoi appoggiarti con successo anche all’altro lato. Il messaggio lo ami o lo odi crea una storia quasi mitica attorno al suo sapore controverso e non lascia spazio all’indifferenza.
La maggior parte dei CEO vede l’indifferenza come un percorso verso l’amore, ma questa è una pericolosa falsità. L’amore e l’odio sono alle due estremità dello stesso percorso, mentre l’indifferenza è un’autostrada senza uscita in un’altra città: sprecherai tempo prezioso e denaro che avresti potuto spendere per conoscere la tua vera fan base e come ampliare il tuo pubblico da lì.
Preferiamo avere amanti e detrattori piuttosto che un mondo di spettatori.
Prima il marchio, poi il business
Il brand non è l’aspetto del tuo sito o il tono della tua voce nel marketing: è l’idea organizzativa per ogni attività in cui è impegnata la tua azienda, inclusi prodotto, UX, vendite, comunicazioni e persino l’organigramma. Le persone leggono i marchi tra le righe; capiscono il tuo brand non da quello che dici ma da quello che fai e quello che fai conta in ogni singolo canale. Questo è il punto della brand strategy: orientare ogni singola attività aziendale verso lo stesso risultato, come un filtro per ogni decisione.
La Lego vende i famosi giochi adatti ad ogni età, ma questo brand non è stato creato solo dal loro sito web o dal marketing: è necessario considerare il loro posizionamento, la strategia di prodotto, le collaborazioni, la stampa, le community, il modello di business e le innovazioni nel loro insieme per comprenderlo in fondo. Se ti fermassi al sito penseresti semplicemente ad un’azienda di giocattoli.
L’ottimismo è l’unica arma segreta
Se la strategia vive in un orizzonte temporale, chi si occupa di quella dei brand deve avere una forte conoscenza della direzione in cui sta andando il mondo. Sebbene sia molto facile vedere solo gli esiti negativi che possono verificarsi in quell’orizzonte, qualsiasi storico può dirti che è il futuro ottimistico che ci spinge avanti e che di solito fa vincere.
Più e più volte abbiamo sperimentato come l’ottimismo sia l’unica arma segreta di un brand strategist: quando riesci a prevedere i benefici inaspettati delle tecnologie, dei movimenti culturali, delle credenze e dei comportamenti emergenti invece di vedere solo gli esiti negativi di così tanti cambiamenti, puoi piantare la bandiera del tuo brand nel territorio giusto.
Il pessimismo è facile, ma l’ottimismo è molto difficile, è un’abilità che richiede un’enorme quantità di immaginazione e flessibilità, perché raramente viene naturale.
Lascia che il lavoro ti cambi
Non giudicare mai il tuo utente, anche se vedi qualcosa in lui che non ti piace. L’hai guardato con una mente sufficientemente aperta da lasciare che ti cambiasse come persona? Hai ascoltato con sufficiente presenza per connetterti con uno sconosciuto e hai cambiato una piccola parte della tua visione del mondo?
Non puoi sperimentare questo tipo di cambiamento senza prima porre un certo tipo di domande. “Puoi parlarmi un po’ del tuo lavoro?” in un colloquio con una personas non ti darà mai risposte trasformative. “Se avessi potuto avere un lavoro diverso in un’altra vita, quale sarebbe stato? Chi saresti stato?” richiede un certo grado di apertura.
Comprenderai i loro sistemi di valori più profondi, le bugie che raccontano a sé stessi, le lotte che nascondono e le lenti attraverso le quali prendono decisioni. Tutte queste informazioni sono una miniera d’oro non solo per il branding, ma anche per UX e il posizionamento del prodotto. Il tuo obiettivo con la ricerca sugli utenti non dovrebbe essere semplicemente quello di raccogliere dati, ma piuttosto quello di far sentire le persone viste. Senza una profonda empatia, è sicuro che perderai un’intuizione importante; il motivo per cui ci piace fare brand strategy è perché ci consente di evolvere costantemente oltre le proprie convinzioni limitate.
Per esempio lavorare con un brand di bellezza ci ha reso entusiasti di invecchiare; il branding di una creatrice di gioielli ci ha reso orgogliosi dell’etica del lavoro.
“Lascia che il lavoro ti cambi” è il primo valore che dovrebbe esserci in ogni azienda. È un concetto semplice ma così importante: se non avviene in te una rivoluzione, non stai davvero facendo il lavoro.

Non è necessario seguire tutte queste regole per avere una brand strategy di successo, ma è fondamentale incarnare lo spirito generale di questo elenco, ovvero mettere sempre in discussione e indagare le ragioni più profonde del perché le persone si comportano e credono in un certo modo.
Le più grandi brand strategy hanno una cosa in comune: hanno capito i loro utenti.

Malika Favre
Malika Favre è un’artista francese con sede a Barcellona. Il suo stile audace e minimale, spesso descritto come l’incontro tra la Pop Art e l’OpArt, è una lezione sorprendente sull’uso dello spazio e del colore positivo/negativo.