Italo Calvino, lo storytelling e l’arte di saper raccontare
Scrittore di storie nelle storie
L’inizio dell’anno è fatto quasi apposta per seguire alcuni propositi e fare cose che non si è mai fatto. Hai mai letto un libro intitolato “ Il castello dei destini incrociati ”, su uomini e donne che, rimasti misteriosamente senza voce, usano mazzi di tarocchi per descrivere le avventure che li hanno portati lì?
Oppure un libro intitolato “ Le città invisibili ”, in cui Marco Polo descrive a Kublai Khan le lontane terre del suo impero e le guglie e le cupole di città irreali si alzano e cadono davanti a te?
Oppure un libro che si apre rivolgendosi a te, Lettore, trasformandoti subito in personaggio e confidente del narratore: “Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore. Rilassati. Concentrati. Dissipa ogni altro pensiero. Lascia che il mondo intorno a te svanisca.” E subito ti sei immerso in una storia di incontri casuali, oggetti magici, spy story e amori spericolati; hai scoperto che era un libro da cambi di scenario rapidi e dissolvenze veloci che ti trasportano da un personaggio e un’ambientazione a quelli successivi. All’inizio hai creduto di leggere una favola, ma presto si è trasformata in una ricerca, poi in una storia d’amore, poi in un’utopia: ti è sembrato di non leggere affatto un libro, ma di essere in una grande biblioteca di libri…
Nessuna di queste sinossi ti ricorda qualcosa? No?
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Uno fra gli scrittori più affascinanti del XX secolo
Nato a Cuba, il figlio maggiore di un botanico italiano e di un’importante agronoma, poco dopo la sua nascita, tornò con la famiglia in Italia, dove divideva il proprio tempo fra San Remo e una casa di campagna protetta dai boschi. Quando Calvino si iscrisse alla facoltà di Agraria dell’Università di Torino, nel 1941, sembrava destinato a proseguire la strada dei successi accademici dei genitori, ma due anni dopo, quando i tedeschi occuparono lo stivale, lasciò la scuola e combatté nella Resistenza. I suoi primi racconti pubblicati riguardavano la guerra e gli orrori del mondo moderno; negli anni Cinquanta trasformò questi orrori in favole, fiabe e romanzi storici. Sebbene fosse stato fra i primi a iscriversi al Partito Comunista, intorno agli anni Sessanta prese nel tempo le distanze da tutto il mondo politico. “Le mie riserve verso la nuova politica sono più forti dell’impulso di oppormi alla vecchia politica”, scrisse a Pier Paolo Pasolini nel 1973, difendendo la decisione di ritirarsi nella letteratura. “Trascorro dodici ore al giorno a leggere, quasi tutti i giorni dell’anno.”
I suoi esperimenti con il genere rendono naturale per i lettori pensare a lui come un post modernista, un maestro del pastiche, insieme a Jorge Luis Borges, Vladimir Nabokov o i membri dell’OuLiPo, la società letteraria d’avanguardia francese alla quale apparteneva. Eppure Calvino era anche innamorato dell’era premoderna; adorava l’approccio episodico e divertente di Ariosto, Boccaccio e Cervantes. Questi scrittori, secondo lui, si avvicinavano di più al racconto orale e alla rivisitazione dei racconti, creando una “molteplicità infinita di storie tramandate da persona a persona”. I romanzi a puntate di Dickens e Balzac furono eredi di questa tradizione alla Scheherazade.
Calvino cercò di rivendicare il legame tra intricate forme narrative e intrattenimento. In risposta ad una intervista poco prima della sua morte nel 1985, “Perché scrivi?”, dichiarò, “ritengo che intrattenere i lettori, o almeno non annoiarli, sia il mio primo e vincolante dovere sociale”.
Ciò che appariva nuovo nei romanzi di Calvino era, in verità, la resurrezione di qualcosa di considerevolmente più antico: una semplicità romantica nutrita dagli archetipi della letteratura epica e cavalleresca.
- Nel visconte dimezzato (1952), il visconte Medardo viene dimezzato da una palla di cannone turca. Il suo lato destro diventa sadico, ossessionato dai sistemi di tortura; la sua sinistra è ora posseduta da una bontà e da una grazia malaticcia; entrambe le parti sono innamorate della stessa donna, Pamela.
- Nel barone rampante (1957) tratteggia episodi della vita di un giovane aristocratico che litiga con la sua famiglia e si stabilisce fra i rami che circondano la loro tenuta, facendo amicizia con animali, contadini e ladri.
- Nel cavaliere esistente (1959), l’omonimo soldato è un’armatura bianca vuota animata da uno spirito chiamato Agilulfo, che segue il codice cavalleresco alla lettera ma non ha alcun sentimento per l’amore o la guerra.

Se una notte d’inverno un viaggiatore
Si tratta del libro che ci regala in egual misura il Calvino romantico e quello artigiano e che ci fa innamorare di entrambi, perché parla dell’innamoramento attraverso la lettura. All’inizio, tu, il Lettore, vieni trasportato nella libreria dove scegli “Se una notte d’inverno un viaggiatore” tra le centinaia di libri che avresti potuto scegliere, solo per scoprire, dopo aver letto le prime trentadue pagine (su uno sconosciuto alla stazione dei treni in attesa di una valigia misteriosa), che si è verificato un errore di stampa e le sedici pagine precedenti continuano a ripetersi. Restituendo il libro al negozio, scegli un libro diverso, intitolato “Fuori dall’abitato di Malbork” e, dopo aver letto un capitolo, scopri che anche quello è difettoso. Inizi un altro libro, “Sporgendosi dalla costa scoscesa”, e un altro dopo ancora, e così via, leggendo l’inizio di un romanzo dopo l’altro, in una ricerca prolungata segnata da frustrazione, rinvio e infinite possibilità.
I capitoli iniziali dei romanzi difettosi o incompleti si alternano a capitoli che descrivono la solitaria vita interiore di te, il Lettore, e la tua ricerca sia del libro che di qualcuno con cui leggerlo. Quando torni al negozio per scambiare il primo libro, incontri una donna di nome Ludmilla, anche lei lì per restituire una copia difettosa, ne sei irrimediabilmente attratto e che diventa, nella tua immaginazione, l’Altra Lettrice che porta con sé un bagaglio emotivo, impersonificato da sua sorella Lotaria, una femminista militante, dall’eccentrico professor Uzzi-Tuzii, esperto di cimmerio, la lingua morta da cui sembra sia stato tradotto uno dei libri, il misterioso Ermes Marana, traduttore, mente o braccio di un traffico clandestino di romanzi contraffatti.
Il Lettore intuisce che tutto e tutti sono collegati a Ludmilla. Ma come? E, cosa più importante, cosa imparerai collegando un libro a un altro?
Ciò che imparerai, soprattutto, è quanto poco sai, e quanto poco puoi sapere, sulla somma totale degli scritti che compongono la letteratura, in un incredibile dimostrazione di storytelling e anticipazione dei libri game veri e propri, molto prima che quest’ultimi vedessero la luce.

Qualsiasi scelta su cosa leggere è fatta in un contesto di profonda ignoranza
Perché qualsiasi tentativo di definire un libro il migliore o il peggiore che si sia letto questo mese, quest’anno o in questa vita, richiede un necessario autoinganno riguardo alla propria conoscenza della letteratura.
“Se una notte d’inverno” è un romanzo che rifiuta di cominciare, perché è tutto inizi: come lo sintetizza Calvino, “un romanzo fatto di sospetti e di sensazioni confuse; un altro di sensazioni robuste e piene di sangue; uno introspettivo e simbolico; uno rivoluzionario-esistenziale; un altro cinico-brutale; uno pieno di manie ossessive; uno logico e geometrico; uno erotico-perverso; uno primordiale; uno apocalittico-allegorico”.
Sentiamo piccoli accenti rubati a Tolstoj, Bulgakov, Borges e Simenon. I cliché del romanticismo, del mistero, del crimine e dell’erotismo vengono rielaborati finché non sembrano di nuovo nuovi e al di sopra di tutto risuona la voce del narratore bizzarro, vitale e onnisciente del romanzo, quasi un tuo gemello, Lettore, dal quale il libro continua costantemente a sfuggire.
L’incapacità di leggere, o almeno di leggere abbastanza, è la sfida da cui il desiderio di leggere trae il suo potere compulsivo. In “Se una notte d’inverno”, l’incapacità di leggere è colpa di una cospirazione di redattori, editori, traduttori, ghost writer – che non dedica più molta attenzione al modo in cui vengono creati i suoi prodotti. Ha sostituito l’ingegno umano con la prevedibilità dello stile algoritmico (ti ricorda qualcosa?), l’artigianato con la produzione globale. Sotto il suo controllo, la letteratura si è ossificata in una serie di risposte decodificate.
In “Se una notte d’inverno”, il libro magico è il libro dei contro incantesimi alle arti oscure dell’industria, non solo quella editoriale del tempo. È il libro che muta in base agli impulsi imprevedibili del lettore, piuttosto che il libro che standardizza e attenua i desideri di quest’ultimo: è il libro incompiuto e che non si può finire; il libro che è la contraffazione di tutti i libri contraffatti, il loro doppio e la loro negazione.
Il libro magico si presta a conversazioni frenetiche con Ludmilla, l’altra lettrice: il romanzo li ha fatti incontrare, ma la loro connessione più profonda emerge dalla decisione di parlare, discutere, interpretare insieme i segni che appaiono dentro e fuori dalla pagina: una necessità sensuale e intellettuale meravigliosa, ancora di più oggi in un mondo in cui le parole sulla pagina contano sempre meno per le persone.

DALL-E 3
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